Brucella canis: una preoccupazione per gli allevatori cinofili, ma non solo

Brucella canis: una preoccupazione per gli allevatori cinofili, ma non solo

Problemi riproduttivi, prostatite, dermatite e atrofia scrotale, ma anche disco-spondiliti e uveiti possono suggerire la diagnosi di Brucella canis nel cane

Brucella canis è conosciuta dal 1966 ed è correlata altre specie di Brucella più note e più pericolose per l’uomo.

In condizioni naturali solo i canidi domestici e selvatici sono serbatoio dell’infezione, che si trasmette per contatto diretto con le mucose genitali, oronasali e congiuntivali. I fluidi vaginali, lo sperma, gli invogli fetali e i liquidi associati al parto/aborto sono i mezzi di contagio principali, ma anche le urine, il latte, la saliva e le feci possono essere infettanti.

Quando sospettare l’infezione

Clinicamente nel cane si evidenziano soprattutto problemi riproduttivi. Nella femmina si possono osservare aborto, nati-mortalità, endometriti; nel maschio, anomalie spermatiche, epididimite, orchite con edema e dermatite scrotale.

Un’atrofia scrotale, mono- o bilaterale, può manifestarsi in caso d’infezione cronica.  Più raramente possono comparire prostatiti, uveiti, disco-spondiliti, linfoadenite retrofaringea (in caso d’infezione per via orale), iliaca o inguinale (via vaginale) o anche generalizzata.

I cuccioli possono infettarsi per via verticale in utero, durante il parto o l’allattamento e possono restare batteriemici in modo intermittente per anni.

Altre potenziali fonti d’infezione sono la via iatrogena (siringhe contaminate) e le trasfusioni di sangue. Per questo motivo lo screening sierologico per B.canis è citato nelle linee guida del Ministero della Salute “Esercizio delle attività sanitarie riguardanti la medicina trasfusionale in campo veterinario”.

Alcune foto interessanti di cani infetti da B.canis possono essere visionate su questi siti web: Vetnext, CrianzacaninaThe Center for Food Security and Public Health.

Terapia

È generalmente consigliabile l’associazione di due principi attivi (es. doxiciclina + amminoglicoside), ma non sempre si giunge a completa guarigione. La castrazione è consigliata, ma anch’essa non garantisce la sterilizzazione eziologica.

Solo ripetuti controlli sierologici associati a emocoltura o PCR possono attestare l’efficacia dei trattamenti.

Aspetti zoonosici

L’epidemiologia dell’infezione da B.canis nell’uomo è poco conosciuta e probabilmente la malattia è poco diagnosticata a causa della sintomatologia aspecifica.

I casi documentati (una cinquantina a partire dal 1973, secondo il CDC), fanno pensare a un problema piuttosto contenuto, anche se esistono rare segnalazioni di sintomatologie cliniche anche gravi.

L’infezione umana può essere anche asintomatica.

Diagnosi

La diagnosi dovrebbe essere affidata a una combinazione di tecniche diverse.

La diagnosi sierologica più accreditata, valida anche per l’espatrio in alcuni paesi B.canis-free quali Australia e Nuova Zelanda, è il test di agglutinazione, che può essere rapida (RSAT) o lenta (tube agglutination test – TAT). Esiste il rischio di rilevare false positività, per cui si consiglia l’esecuzione di un test di screening seguito da una prova di conferma dopo trattamento con 2-mercaptoetanolo (2-ME).

Un’ulteriore conferma diagnostica prevede l’emocoltura o l’esame colturale da tessuto, che necessita di lunghi tempi di esecuzione e di adeguate misure di biocontenimento, e la PCR. Entrambi i metodi di ricerca diretta non offrono una sensibilità diagnostica ottimale a causa dell’escrezione intermittente di B.canis da parte dell’ospite.

B.canis in Italia

La prevalenza dell’infezione canina in Italia non è ben conosciuta, anche se esistono casi clinici ben documentati. Negli USA è stimata una prevalenza dell’1-8%, mentre in America Centrale e nel Sud America si stimano prevalenze fino al 30%, probabilmente a causa della più frequente presenza di cani vaganti.

Approfondimenti

Alda Natale

Veterinario dirigente, è direttore della struttura complessa SCT3 – Padova e Adria. Diagnostica in sanità animale dell’IZSVe. Si occupa di diagnosi sierologica e virologica delle malattie infettive dei mammiferi e zoonosi, attività di ricerca in ambito zoonosi e sanità animale, analisi per i piani di profilassi nazionali e regionali. Si è laureata all’Università di Bologna, dove ha conseguito la Specializzazione in sanità animale, allevamento e produzioni zootecniche e dove ha seguito un corso di perfezionamento in Sorveglianza Sanitaria delle Popolazioni Animali. Nel 2004 ha conseguito il Dottorato di ricerca in sanità pubblica, igiene veterinaria e delle produzioni animali all’Università di Padova. Nel 2014 ha conseguito il titolo di referee in Consulente della relazione felina ed è iscritta al relativo albo SIUA. Nel 2018 ha conseguito il titolo di Master di secondo livello in Medicina Comportamentale del Cane e del Gatto con approccio Cognitivo Zooantropologico ed è iscritta all’elenco FNOVI dei Medici Veterinari Esperti in comportamento.