Capnopcytophaga canimorsus (Cc) è un batterio diffuso in tutto il mondo, classificato con questo nome per la prima volta dal Center for Diseases Control (CDC) nel 1989.
Casi clinici ascrivibili a questo agente sono tuttavia documentati già dal 1961. Cc si trova nella saliva di cani e gatti sani e può essere trasmesso all’uomo con il morso del cane, ma anche con graffi, leccamento o semplice contatto con cani. Più raramente sono documentati casi di trasmissione da gatti.
Esistono altri batteri appartenenti allo stesso genere, di cui alcuni presenti nella flora orale dell’uomo (C. ochracea, C. sputigena, C. gingivalis) e C. cynodegmi isolato dalla saliva del cane e da ferite da morso, ma non da forme settiche nell’uomo.
L’interessante review di Butler del 2015 raccoglie 484 casi umani e registra una mortalità media del 26%. Con questi dati si suggerisce che l’infezione da Cc non debba più essere considerata un’infezione rara.
Aspetti clinici nell’uomo
L’infezione, favorita da condizioni di immunodepressione, può presentarsi in forme gravi con:
- sepsi
- cancrena delle estremità
- meningite
- endocardite
- infezioni oculari
- osteomieliti
- peritoniti
- polmoniti
- artriti settiche
L’incubazione è in genere breve per le forme settiche (mediana di circa 3 giorni) e in questi casi il decorso è più spesso fatale; mentre è più lunga per altre forme, ad esempio per le meningiti (mediana di circa 7 giorni), per le quali si osserva una minore mortalità.
È possibile isolare Cc quasi esclusivamente da sangue o da liquido cefalo-rachidiano. In qualche caso l’isolamento ha avuto successo a partire da tessuti oculari, mentre è raro avere un riscontro positivo raccogliendo il campione dalla ferita da morso.
Questo si spiega sia perché le ferite sono spesso di piccole dimensioni e già rimarginate al momento della forma clinica, sia perché i prelievi fatti nel sito di morso sono inevitabilmente contaminati dalla flora batterica cutanea, che spesso ha una crescita più rapida rispetto a Cc, che quindi viene sopraffatta.
Fattori predisponenti per la malattia clinica nell’uomo sono:
- splenectomia
- alcoolismo
- età superiore a 50 anni
- sesso maschile
Persone con deficit immunitari legati a problemi linfocitari di tipo T (es. infezione da HIV) non sembrano invece essere a maggior rischio di infezione rispetto alla popolazione di riferimento.
Fonte di infezione
Nella maggior parte dei casi diagnosticati la fonte di infezione è riconducibile a un morso di cane (54-60%). Altre fonti sono:
- leccamento o contatto ravvicinato (27%)
- graffi (8,5%)
- morso di gatto (3%)
mentre nei restanti casi la fonte resta sconosciuta.
In qualche studio pubblicato è stato possibile identificare l’agente nella saliva degli stessi cani che avevano morso pazienti con forme cliniche in atto.
I ricercatori che hanno identificato Cc direttamente nella flora orale di cani e gatti sani riportano scostamenti di prevalenza piuttosto ampi: dal 3% al 74% nei cani e dall’1% al 57% nei gatti. Tali variazioni possono dipendere dall’area geografica, ma più probabilmente dal metodo di ricerca utilizzato, essendo l’identificazione del DNA batterico mediante PCR più sensibile rispetto all’isolamento in coltura.
Cc è stato inoltre identificato nella flora orale di pecore, bovini, cavalli, cavie e conigli. In Italia la diagnosi è riportata raramente, ma il patogeno è sicuramente presente.
Gruppi di Capnopcytophaga canimorsus
Un recente studio ha evidenziato la presenza di due distinti gruppi filogenetici di Cc, tale da giustificare la proposta di una suddivisione in due specie:
- C. canis, più vicina da un punto di vista tassonomico a C. cynodegmi e probabilmente non patogena per l’uomo;
- C. canimorsus, isolata nei casi di malattia.
I ceppi isolati dal gatto in questo studio risultano appartenere al gruppo C. canis e non al gruppo Cc, e questo potrebbe giustificare la minore frequenza di casi umani causati dal contatto con il gatto.
Questi risultato spingerebbero quindi a rivalutare le precedenti valutazioni di prevalenza di questo temibile batterio nel cane e nel gatto.
Fattori di virulenza
Sono diversi i fattori che differenziano Cc dagli altri batteri appartenenti allo stesso genere, ad esempio:
- è catalasi positivo: la capacità di degradare il perossido d’idrogeno permette la sopravvivenza di Cc nei vacuoli dei fagociti;
- è resistente all’azione del complemento;
- non ha flagelli, ma è in grado di muoversi nell’agar di coltura, caratteristica che in vivo permette di attraversare i tessuti e raggiungere il circolo;
- possiede sialidasi, che permette di ottenere ammino-zuccheri dalle glicoproteine di superficie delle cellule dell’ospite;
- stimola minor produzione di citochine infiammatorie rispetto ad altri batteri, quindi stimola poco la risposta immunitaria innata, fondamentale per contrastare una diffusione dell’agente così rapida;
- nelle colture cellulari macrofagiche provoca effetto citotossico.
Prevenzione
In caso di morso o leccamento su una ferita aperta, la prima cosa da fare è lavare accuratamente la ferita con acqua corrente e disinfettarla subito dopo.
Se la persona è particolarmente esposta al rischio d’infezione, è bene che sia informata sulle modalità di trasmissione di Cc e che eviti il più possibile il contatto con la saliva del cane.
In caso di morso, soprattutto per questi soggetti può essere opportuna la profilassi antibiotica.
Terapia antibiotica
La penicillina è efficace contro l’infezione, così come le cefalosporine di terza generazione e i beta-lattamici. Vari test di suscettibilità antibiotica hanno avuto successo anche con tetracicline e altri gruppi di antibiotici utilizzati di frequente.
I ceppi di Cc risultano spesso resistenti ad aminoglicosidi, trimetoprim-sulfametazolo, aztreonam, colistina e metronidazolo. Solo due ceppi, tra i vari studi effettuati, sono risultati resistenti alle penicilline.
La sensibilità a classi di antibiotici utilizzati frequentemente nella profilassi routinaria fa sì che molte forme cliniche siano prevenute anche in assenza di diagnosi.
Per approfondimenti
- Krol-van Straaten MJ et al. (1990). Capnocytophaga canimorsus (formerly DF-2) infections: review of the literature
- Kampinga GA et al. (2002). Meningitis after a superficial dog bite
- Alje P. et al (2009). Molecular Characterization of Capnocytophaga canimorsus and Other Canine Capnocytophaga spp. and Assessment by PCR of Their Frequencies in Dogs
- Suzuki M. et aò- (2010). Prevalence of Capnocytophaga canimorsus and Capnocytophaga cynodegmi in dogs and cats determined by using a newly established species-specific PCR
- Renzi F. et al (2015). Only a subset of C. canimorsus strains is dangerous for humans
- Butler T. (2015). Capnocytophaga canimorsus: an emerging cause of sepsis, meningitis, and post-splenectomy infection after dog bites
- Zajkowska J. et al (2016). Capnocytophaga canimorsus – an underestimated danger after dog or cat bite – review of literature
Per informazioni
Alda Natale (aspetti clinici e bibliografia) – anatale@izsvenezie.it
Luca Bano (tecniche colturali e di identificazione tramite MALDI-TOF) – lbano@izsvenezie.it
Veramente un bell’articolo, molto chiaro e completo!